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mercoledì 3 giugno 2015

Intervista a DAVIDE DOMENICHINI (AL DOUM & THE FARYDS)






AL DOUM & THE FARYDS




Beh per incominciare puoi dirci qualcosa del vostro nome da dove nasce?

Il nome nasce da un gioco di parole sul mio soprannome e quello di Filippo in chiave araba e in stile gruppi degli anni ’60. Comunque in generale è una cosa piuttosto scherzosa e per noi divertente.

Da che esperienze vengono i musicisti del gruppo e quando avete incominciato a suonare assieme?

Abbiamo iniziato a suonare in tre nel 2010 e dopo poco ci siamo subito allargati, ora siamo in sette ma con una formazione abbastanza aperta. Una buona parte del gruppo, io compreso, proviene dal punk/hc, devo dire che è un modo di vivere la musica che mi ha insegnato molto.






Cosa significa per voi fare musica?

Per ognuno del gruppo suonare può avere significati differenti, per me è sicuramente un piacere ed un divertimento ma in definitiva un modo per connettersi con le altre persone e con qualcosa di più profondo. Uno strumento per vivere esperienze di unità.

Quali sono i vs. eroi musicali ed extra-musicali?

Musicalmente dico Sun Ra, Fela Kuti, Hendrix e poi mille altri. Extra musicali non saprei sinceramente…






Voi vi definite etnici e psichedelici ma qualcuno ha parlato anche di krautrock e free-jazz vi riconoscete in qualche modo anche in queste due definizioni?

Si volendo sono tutti generi musicali a cui sono particolarmente legato, direi che soprattutto per alcune ricerche cosmiche ci sentiamo vicini al krautrock.

Siete stati accomunati a gruppi come Squadra Omega, La Piramide di Sangue o qualcuna delle incarnazioni di Jooklo, vi sentite parte di una rinascita della musica obliqua in Italia? Ci sono altri gruppi o musicisti italiani con cui vi sentite in sintonia?

Ci conosciamo tutti da diverso tempo, soprattutto i Jooklo che considero tra i migliori musicisti in circolazione. Gli In Zaire fanno dei gran bei live…





Vi considerate eredi dei gruppi etnici italiani degli anni 70/80 come Aktuala, N.A.D.M.A. ,Futuro Antico e Zeit?

A livello musicale non mi pronuncio, ho una tale stima per questi nomi che mi sento sempre di poter imparare da loro. Ho avuto la fortuna ultimamente di conoscere diversi componenti dei gruppi da te citati e devo dirti che per l’approccio e la libertà mentale mi trovo molto in sintonia.

L’etichetta Black Sweat è nata per produrre i dischi di Al Doum o  ha una sua vita indipendente?

Ho sempre autoprodotto i dischi dei miei gruppi, il primo disco degli Al Doum & the Faryds è stata una autoproduzione, da lì ho visto che era divertente stampare vinili e ho iniziato assecondando soprattutto i miei gusti personali rivolti prevalentemente al passato e quindi alle ristampe. Infatti la mia prima uscita è stata eden ahbez, uno dei miei dischi preferiti di sempre.

Pensi che il vostro suono si sia modificato dal primo album del 2011?

Si direi che è decisamente cambiato e credo che continuerà a cambiare, credo che continuerò sempre a suonare esclusivamente quello che mi piace…

Come componete i vostri pezzi?

Partiamo quasi sempre da jam o da una idea e poi tutto viene da solo, devo dire che rispetto all’inizio la musica in questo momento è un poco più strutturata, si potrebbe dire quasi jazz in quanto vi è spesso un tema sui cui poi vi sono assoli.






Quale dei vostri tre album pensi sia il più riuscito?

A molti piace “Positive Force”, personalmente “Cosmic Love” è quello che mi riascolto più volentieri.

Le copertine dei vostri dischi sono molto curate è una strategia per incuriosire l’ascoltatore o più semplicemente un espressione artistica?

Sono un grande appassionato delle grafiche dei dischi, è una cosa a mio parere molto importante e sicuramente una possibilità di completare l’espressione artistica attraverso qualcosa di visuale oltre che di musicale. Non siamo dei grandi strateghi…

Le vostre esibizioni live sono piuttosto frequenti (ne ho contate 25 nel 2014) ciò dipende dal fatto che avete numerosi contatti o dal fatto che c’è qualcuno che vi supporta nel trovare le date?

Non abbiamo agenzie che ci aiutano, facciamo tutto da noi attraverso una rete di amici che suonano e con cui ci scambiamo i contatti. Ci piace molto suonare e quindi cerchiamo di farlo il più possibile, fosse per me suonerei molto di più, soprattutto all’estero…







Il fatto di assumere sembianze medio-orientali durante le vs. esibizioni aiuta gli spettatori ad identificarvi come alfieri di una musica elettrica che in quei paesi non si è ancora sviluppata?

Non c’è un concetto dietro all’estetica, utilizziamo semplicemente ritmi e scale musicali provenienti da altre culture per creare la nostra musica.

Quanta improvvisazione c’è nei vs. concerti?

Dipende, a volte sono completamente improvvisati, altre volte suoniamo delle sorte di pezzi. Decidiamo in base a diversi fattori…

In quale nazione le vostre esibizioni dal vivo sono state  accolte con più entusiasmo?

Non saprei sinceramente, non legherei il successo o no di un concerto alla geografia ma semplicemente allo spirito delle persone presenti.






Vi piacerebbe suonare in qualche paese  mediorientale o africano?

Certo sarebbe molto bello e stimolante.

A tale proposito non avete mai suonato con musicisti mediorientali o africani?


No mai.

La Blacksweat ha prodotto un LP dal vivo degli Embryo ,quali rapporti avete con loro e cosa vi piace del  loro essere musicisti?

Oltre al disco ho organizzato un loro concerto un po’ di tempo fa e ogni tanto mi sento con Christian. Devo dirti che il loro spirito è davvero incredibile, suonano ovunque con la stessa passione di un adolescente. Si vede che gli interessa solo la musica.

A questo punto le interviste chiedono inevitabilmente dei progetti futuri, invece vi chiedo se c’è qualcosa che avreste voluto fare ma non siete ancora riusciti a realizzare?

Avrei voluto andare a vivere tutti insieme, probabilmente è utopia.


                                 Questo è il loro link



alcuni video: